によって NATALINO SPATOLISANO 8か月前.
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GAVRILO PRINCIP – PRIMA GUERRA MONDIALE – BANDIERA TRICOLORE
Il 28 giugno 1914 lo studente panslavista serbo-bosniaco Gavrilo Princip sparò e uccise l’erede al trono d’Austria-Ungheria Francesco Ferdinando e sua moglie Sofia mentre si trovavano in visita a Sarajevo. Seppure Princip venne subito arrestato, l’avvenimento fece precipitare la già tesa situazione europea, costituendo la scintilla che diede il via alla Prima guerra mondiale. Il 24 maggio del 1915 l’Italia entrò nella Prima guerra mondiale. Per gli storiografi questo conflitto corrisponde alla Quarta guerra d’indipendenza (dopo quelle del 1848-49, 1859-60 e 1866), considerato che lo scopo fu quello di completare l’Unità nazionale con l’annessione delle ultime terre irredente. A questo obiettivo mancavano infatti il Trentino Alto Adige e la Venezia Giulia, tant’è che lo slogan più diffuso all’epoca fu “W Trento e Trieste italiane”. Protagonista assoluta, sia nelle trincee e che in ambito civile, fu la bandiera tricolore. I colori verde, bianco e rosso vennero utilizzati diffusamente come stimolo alla mobilitazione generale e al sostentamento morale della popolazione civile, che si stava inerpicando in un percorso che l’avrebbe portata in una situazione assai difficile, caratterizzata da moltissime privazioni. Nelle trincee il tricolore divenne il simbolo fondamentale per spronare i soldati, mentre nel fronte interno fu importantissimo per compattare e corroborare la società civile.
Il primo embrione del tricolore vede la luce nell’ottobre 1796, quando un vessillo della “Legione Lombarda” - promossa da Napoleone, entrato da vincitore a Milano il 10 maggio dello stesso anno - sventolò alla testa delle formazioni dei patrioti italiani che si erano arruolati volontariamente nell'Armata d'Italia per combattere contro l'Austria.
Ma il tricolore italiano quale bandiera nazionale nasce a Reggio Emilia il 7 gennaio 1797, quando il Parlamento della Repubblica Cispadana, accoglie una mozione del deputato Giuseppe Compagnoni.
La prima bandiera tricolore Cispadana ha i colori disposti in tre strisce orizzontali: il rosso in alto, il bianco in mezzo, il verde in basso. Al centro della fascia bianca, lo stemma della Repubblica, un turcasso, circondato da un serto di alloro e ornato da un trofeo di armi Il Turcasso - o Faretra - contiene quattro frecce, a simboleggiare l'unione delle quattro popolazioni di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia. Le lettere “R” e “C”, poste ai lati sono le iniziali di Repubblica Cispadana.
Ma perché proprio questi tre colori? Nell'Italia del 1796, attraversata dalle vittoriose armate napoleoniche, le numerose repubbliche di ispirazione giacobina che avevano soppiantato gli antichi Stati assoluti adottarono quasi tutte, con varianti di colore, bandiere caratterizzate da tre fasce di uguali dimensioni, chiaramente ispirate al modello francese del 1790. E anche i reparti militari "italiani", costituiti all'epoca per affiancare l'esercito di Bonaparte, ebbero stendardi che riproponevano la medesima foggia.
La prima campagna d'Italia, che Napoleone conduce tra il 1796 e il 1799, sgretola l'antico sistema di Stati in cui era divisa la penisola. Al loro posto sorgono numerose repubbliche giacobine, di chiara impronta democratica: la Repubblica Ligure, la Repubblica Romana, la Repubblica Partenopea, la Repubblica Anconitana. Un altro vessillo molto “vicino” al nostro tricolore nasce nel 1798 all’interno dell’altra grande Repubblica di stampo napoleonico, quella Cisalpina.
Il Gran Consiglio della Repubblica Cisalpina, nella seduta dell’11 maggio 1798, decreta che "La Bandiera della Nazione Cisalpina è formata di tre bande parallele all'asta, la prossima all'asta verde, la successiva bianca, la terza rossa. L'asta è similmente tricolorata a spirale, colla punta bianca". Fu durante il Risorgimento che la bandiera venne avvertita non più come segno dinastico o militare, ma come simbolo del popolo, delle libertà conquistate e, dunque, della nazione stessa.
Nei tre decenni che seguirono il Congresso di Vienna, il vessillo tricolore fu soffocato dalla Restaurazione, ma continuò ad essere innalzato, quale emblema di libertà, nei moti del 1831, nelle rivolte mazziniane, nella disperata impresa dei fratelli Bandiera, nelle sollevazioni negli Stati della Chiesa.
Dovunque in Italia, il bianco, il rosso e il verde esprimono una comune speranza, che accende gli entusiasmi e ispira i poeti: "Raccolgaci un'unica bandiera, una speme", scrive, nel 1847, Goffredo Mameli nel suo Canto degli Italiani. E quando si dischiuse la stagione del '48 e della concessione delle Costituzioni, quella bandiera divenne il simbolo di una riscossa ormai nazionale, da Milano a Venezia, da Roma a Palermo.
Il 23 marzo 1848 Carlo Alberto rivolge alle popolazioni del Lombardo Veneto il famoso proclama che annuncia la prima guerra d'indipendenza.
Allo stemma dinastico fu aggiunta una bordatura di azzurro, per evitare che la croce e il campo dello scudo si confondessero con il bianco e il rosso delle bande del vessillo.
Il 14 marzo 1861 venne proclamato il Regno d'Italia e la sua bandiera continuò ad essere, per consuetudine, quella della prima guerra d'indipendenza.
Ma la mancanza di una apposita legge al riguardo - emanata soltanto per gli stendardi militari - portò alla realizzazione di vessilli di foggia diversa dall'originaria, spesso addirittura arbitrarie. Soltanto nel 1925 si definirono, per legge, i modelli della bandiera nazionale e della bandiera di Stato.
Dopo la nascita della Repubblica, un decreto legislativo presidenziale del 19 giugno 1946 stabilì la foggia provvisoria della nuova bandiera, confermata dall'Assemblea Costituente nella seduta del 24 marzo 1947 e inserita all'articolo 12 della nostra Carta Costituzionale.