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LA TELEVISIONE IN ITALIA
Ha portato il mondo in salotto, una consegna a domicilio della vita in tutte le sue sfaccettature, un solo canale, una programmazione di poche ore, in bianco e nero. Si è presentata così la televisione in Italia. Sono trascorsi sessanta anni da quel 3 gennaio 1954 in cui 15 mila apparecchi si accesero simultaneamente: oltre mezzo secolo in cui la televisione ha trasformato se stessa, noi e la nostra vita. La tv informava,spiegava, intratteneva, stupiva. L'Italia rimase frastornata da quel moderno focolare dinanzi al quale si riuniva in gruppi numerosissimi, fatti di amici,familiari e conoscenti. Poi, pian piano, ogni famiglia cominciò ad avere il suo televisore. Lo schermo televisivo diventò anche una scuola via etere:Telescuola, in onda dal novembre del 1958, forniva un corso di istruzione destinato ai ragazzi che vivevano in zone sprovviste d'insegnamenti. L'elevato tasso di analfabetismo riscontrato tra le classi meno agiate, portò poi, tra il1959 ed il 1968, alla messa in onda di Nonè mai troppo tardi, un programma di insegnamento elementare condotto dal maestro Manzi che avrebbe aiutato quasi un milione e mezzo di adulti a conseguire la licenza elementare. Almeno nella fase iniziale la televisione aveva un suo stile e le sue finalità erano educative ed ebbe certamente effetti benefici nei confronti di una situazione nazionale caratterizzata da una certa arretratezza nei costumi e da una disomogeneità culturale.
Fu subito evidente che lo spettacolo televisivo avrebbe cambiato i modi di vita e le abitudini delle masse molto più di quanto non avesse fatto la radio né gli anni 30.
Nasce così, con caratteristiche originali, l'apparato televisivo. Da subito si impone il tentativo di creare un pubblico unificato,al quale proporre modelli di informazione e di comportamento standardizzati.
L'apparato della televisione, da subito,funziona secondo la logica di un'impresa orientata a produrre su scala industriale ovvero secondo quella logica che stabilisce che è il mercato che condiziona la produzione, programmando contemporaneamente sia la produzione che il consumo: l'apparato forma, cioè, il suo pubblico.
Lo schema orario giornaliero e settimanale è costruito su appuntamenti fissi, tuttavia un vero e proprio palinsesto concepito come progetto, come strategia dell'offerta manca nella televisione dei gli inizi. E arriverà, con le sue suddivisioni ben definite, come vedremo nelle slides presenti più avanti, solo in un secondo momento.
Gli anni del decollo televisivo sono anche quelli che assistono a un'esplosione delle dinamiche dei comportamenti di consumo privato, si acquistano in massa elettrodomestici e automobili. È un periodo di facile entusiasmo: il divismo attira larghi strati di pubblico. Ma è nel tempo libero e nei consumi culturali degli italiani che si notano maggiori elementi di novità. È inevitabile che la televisione finisca per diventare la massima espressione dell'industria culturale.
Il primo a risentire della crisi è il teatro.
Ma l'impatto più significativo della televisione si determina con l'unico vero altro apparato che nell'Italia degli anni cinquanta produce e diffonde cultura di massa: l'industria cinematografica. Rispetto ad altri apparati, il cinema assorbiva praticamente un'intera dimensione dello spettacolo e a ragione poteva considerarsi, fino ad allora, il più forte mezzo di comunicazione di massa.
Volendo cercare di schematizzare, secondo un ordine di priorità, le cause che in Italia hanno determinato un impatto così squilibrato tra i vecchi apparati dell'industria cinematografica e il nuovo apparato nascente della televisione, a tutto vantaggio di quest'ultimo, è possibile indicare sostanzialmente tre fattori di crisi: la polarizzazione produttiva dell'industria cinematografica; la saturazione della domanda; il rapporto con le nuove tecniche di ripresa e di proiezione.
La televisione nasce quindi, e si consolida, nel momento in cui il cinema comincia ad indebolirsi.
Il dato interessante, in tutto questo meccanismo, è che la televisione tende modificare il "vissuto" dei suoi consumatori. Il possesso del televisore modifica immediatamente, e in misura massiccia, l'uso del tempo libero. Esso tende a organizzarsi in maniera sempre più ampia all'interno dello spazio domestico, ed è questo spazio che si pone come sbocco naturale del consumo televisivo.
Dall'arrivo del secondo canale, nel '61, al colore del '77, la televisione è cambiata e noi con lei: inesorabile è entrata nelle nostre vite portando con sé quelle degli altri, quelle che non abbiamo mai conosciuto, ma che abbiamo finito per toccare.
DOCUMENTARIO: IL DILEMMA VERO/FALSO
Con il termine documentario si intende, nell'usocomune, un film, di qualsiasi lunghezza, girato senza esplicite finalità difinzione, e perciò, in generale, senza una sceneggiatura che pianifichi leriprese, ma anzi con disponibilità verso gli accadimenti, e senza attori. Non acaso, nei Paesi anglosassoni si impiega sempre più spesso il terminenonfiction. Alla base del d. c'è un rapporto ontologico con la realtà filmata,che si pretende restituita sullo schermo come si è manifestata davanti allamacchina da presa, senza mediazioni. Il film è il documento di tale realtà, laprova che le cose si sono svolte come risultano proiettate. Il cinema difinzione rappresenta invece una realtà mediata, manipolata dal regista peresprimere ciò che ha immaginato. È una realtà messa in scena. Nel documentariola macchina da presa è al servizio della realtà che le sta di fronte; nel filmdi finzione la realtà viene rielaborata per la macchina da presa. Inquest'ultimo il patto implicito dello spettatore con lo schermo è: "sobene che ciò che vedo rappresentato non è vero, benché verosimile, e tuttaviaci credo"; nel documentario egli dirà piuttosto: "ciò che vedo èvero, e non solo verosimile, e per questo ci credo". L'effetto magico diillusione di realtà che il cinema di finzione produce viene, per così dire,sospeso nel documentario, dove si evidenzia l'effetto probatorio.
[1]
In verità, portando alle estreme conseguenze questodiscorso, si potrebbe arrivare a mostrare e dimostrare quanto persino idocumentari, che per loro stessa natura documentano, quindi mettono in scena larealtà così com’è, senza filtri, in realtà siano frutto di costruzioni.Mettiamo l’esempio di un documentario sulle abitudini di una tigre. Permostrare come la tigre attacca la sua preda, bisognerà adottare una serie distratagemmi utili a far sì che la tigre compia le azioni che vengono descritte,nei tempi e nei luoghi individuati per le riprese. E allora, ad esempio,bisognerà mettere delle esche in giro, si dovrà fare in modo che la tigre corraverso una determinata direzione e così via, e si dovrà fare in modo che quelloche viene descritto accada nel tempo esatto necessario alla spiegazione.Insomma, il tutto è vero, ma ritoccato per esigenze produttive. Ovviamente conciò non si vuole togliere alcun valore documentaristico al documentario, vogliosolo mettere in evidenza che in televisione, come al cinema, tutto è costruito,anche il vero. E bene ce lo hanno insegnato le cinematografie di regime, diqualsiasi regime, che hanno piegato ai loro bisogni la verità.
Altre attività previste dal progetto si alterneranno traspecifiche per la classe e comuni e alla fine convergeranno nuovamente seppurcon obiettivi e attività differenti in un’unica attività laboratoriste.
[1]Enciclopedia del Cinema – Treccani, voce a cura di AdrianoAprà
«Nessuno ha mai visto il Grande Fratello. È un voltosui manifesti, una voce che viene dal teleschermo. Possiamo essereragionevolmente certi che non morirà mai. Già adesso non si sa con certezzaquando sia nato…»
Così viene descritto il personaggio immaginario creato daGeorge Orwell, presente nel romanzo 1984.
Sono passati ormai 14 anni dallo sbarco del fenomeno realityshow in Italia, il genere televisivo che ha completamente sconvolto il modo diintendere la televisione di oggi. Nel 2000 si sono accesi i riflettori sulla“porta rossa” del Grande Fratello, dicui Daria Bignardi ne è stata la prima storica conduttrice. Quella portaidealmente è stata l’accesso alla realtà come intrattenimento per tutti telespettatori.
Il “fenomeno” reality show è divenuto ben presto, il piùdiffuso e di successo della televisione. Un format che ha contagiato econtaminato anche tutti gli altri programmi televisivi, anche i piùtradizionali.
La nascita del genere reality show prende quota con ildiffondersi della TV verità. Il pubblico televisivo chiede novità, stimoli,emozioni nuove, idee forti , nuove storie e non è un caso che programmi come Ungiorno in pretura e Chi l’ha visto abbiano fatto registrare dati diascolti davvero sorprendenti. Il fine ultimo di questi format, all’inizio, eraquello di rappresentare la realtà fornendo informazioni.
Ben presto tale mission lasciaperò il passo all’intrattenimento. Un esempio molto indicativo dell’evoluzionein atto sono stati programmi come Amici , che forse più di ogni altro haaperto la strada verso questo genere e La vita in diretta. Programmi cheancora oggi, a distanza di molti anni, sono in programmazione e continuano adavere un grande appeal tra il pubblico; milioni di persone di ogni estrazione ecategoria sociale disposta a comparire in tv per condividere con iltelespettatore il proprio spazio privato e più intimo.
Il protagonista del Reality showè una persona che accetta di spogliarsi della propria personalità e del proprioanonimato per accedere al ferreo meccanismo della messa in scena.L'imprevedibile è fortemente limitato a una duplice possibilità, happy end catastrofe.
La storia narrata viene costantemente rimodellata, eadattata alle esigenze, ai ritmi, alle finalità del genere. Nel Reality show ilgrande filo conduttore èdato dalla quotidianità,da sentimenti dipersone particolari che sono però modelli generali (l'amore, l'amicizia,l'affetto familiare).
Senella TV verità il mezzo televisivo si apre al mondo e pretende dirappresentarlo verosimilmente nei suoi aspetti più particolari, nel Reality show è il mondo stesso che si fatelevisione.
Persone con il loro bagaglio distorie e di vita che ben presto hanno conquistato gli studi televisivi ed ilcuore dei telespettatori contribuendo alla nascita e alla diffusione deireality show. Il Grande Fratello ha per primo dato inizio al fenomenocon uno scopo, se vogliamo, anche molto semplice: rinchiudere delle persone“normali” in una convivenza forzata dentro una casa, spiati 24 ore su 24 dalletelecamere. Scene “reali” di vita quotidiana, gioie, dolori, debolezze, amoried effusioni, fino al lato più intimo e nascosto di ogni singolo concorrentevengono offerte al pubblico. Ovviamente quel “reali” andrà messo tra milioni divirgolette, in quanto è ormai risaputo che dietro alla spontaneità deipersonaggi de Il Grande Fratello cisia la stesura non solo di un canovaccio di cui necessariamente tener conto, maanche l’obbligo di assecondare i desideri dell’audience. E questo vale per ognigenere di reality che venga prodotto e distribuito.
Da qui un fiorire di reality che ha coinvolto tutti isettori e le tipologie di format: La Talpa, Music Farm, La Fattoria, L’Isoladei Famosi, Amici di Maria de Filippi, Campioni, ecc… in cui però iprotagonisti cominciano ad essere non più le persone normali ma personaggi tv eVIP più o meno affermati nel mondo dello spettacolo, che cercano nel reality unproprio rilancio artistico.
Aspiranti calciatori, cantanti, ballerine, comici, cuochi,designer, architetti, manager, stilisti, sono i veri protagonisti della nuovaera dei reality moderni fino ai nostri giorni dove l’unico obiettivo è quellodi creare personaggi televisivi in cui divismo, uso del proprio privato etrasgressione, sono capisaldi. Elementi imprescindibili di cui il pubblico dacasa, non può proprio farne a meno.
Il reality show è quanto di più lontano ci possa esseredalla realtà, né tantomeno dalla sua rappresentazione. Già il fatto stesso cheuna persona sappia di essere ripreso costantemente per 24 ore su 24 da unatelecamera, sapendo che il mondo ti sta osservando, cancella tutto ciò che dispontaneo ci può essere in qualsiasi atteggiamento o pensiero. Inoltre, èimportante sapere che dietro ogni reality c’è una sceneggiatura, c’è unaricerca precisa di tipologie di personaggi che devono interagire tra loro a cuiviene dato una sorta di canovaccio su cui ispirare le loro azioni/reazioni.Dove sta la verità in tutto ciò? Forse solo nell’aver raggruppato sotto lostesso tetto, per un determinato periodo, delle persone tanto diverse tra loroche probabilmente, nella realtà, non sarebbero andate insieme nemmeno aprendere un caffè.
Sul dizionari dellarepubblica.it ho trovato la seguente definizione di Reality Show che misembra perfettamente calzante con il filo del mio discorso:
Trasmissione che indagae rappresenta la realtà secondo uno stile giornalistico, debitamentespettacolarizzata;
Programma d'intrattenimento che proponeriprese dal vivo di situazioni reali, o presunte tali,della vita quotidiana di persone comuni.
IL TALK SHOW E' NATO ALLA RADIO (DAGLI ANNI '50 AD OGGI)
Il talk show, che allieta, e qualche volta opprime le nostreserate, è nato alla radio. Si chiamava Ilconvegno dei cinque, andava in onda nel '52 e riuniva personaggiprestigiosi e qualificati per discutere il tema del giorno. Negli annisuccessivi il talk show alla radio dilaga a tutte le ore.
In televisione, la nascita del primo talk show italianosi ha con L’ospite delle due,ideato e condotto da Luciano Rispoli.
Un articolo dell'epoca, che riporto, firmatoda Giuseppe Tabasso, è a tutti gli effetti la cronaca dellagenesi del talk show sulla tv italiana: pare che all’estero questo tipo di trasmissione abbiauna tradizione ben consolidata. Un ospite – generalmente un personaggio più omeno popolare – prende posto in uno studio e sollecitato da un conduttore e daqualche interlocutore non tanto occasionale, si lascia andare ad unachiacchierata alla buona; conversando cioè sul suo mestiere, sul modo diconcepire i suoi rapporti di lavoro, il passato, il presente e, magari,il futuro. Il successo che queste rubriche televisive riscuotonosoprattutto nei Paesi anglosassoni e del Nord europeo, indurrebbe aconsiderazioni sul cosiddetto piacere della conversazione, sull’arte (osull’impossibilità) di esprimersi, nonché sull’attitudine al parlare e al saperascoltare: problemi che non sono, ovviamente, tecnici, ma che investonotemi evidentemente più vasti, come quelli dell’uso sociale della cultura,dell’alienazione e, per dirla in parole povere, del tramonto dell’osteriapopolare e del salotto borghese. In questo filone, che si potrebbe battezzareteletopico e che gli anglosassoni chiamano talk-show si inserisce ora L’ospite delledue, nuova rubrica in onda la domenica dopo il Telegiornale delle 13.30che si propone appunto, nelle intenzioni del suo curatore e conduttore LucianoRispoli, una chiacchierata alla buona con un personaggio che si suppone itelespettatori rivedano volentieri, in tono tranquillo e casalingo, tentando disottrarsi all’ovvio e banale, nonché ad atteggiamenti salottieri. Introdurre,insomma, una specie di amico pubblico, di invitato speciale, in casa deltelespettatore domenicale che accende il televisore dopo pranzo.
L’articolo del Radiocorriere Tv del marzo 1975testimonia definitivamente che il primo talk show della televisione italianaè L’ospite delle due e cheLuciano Rispoli è il papà di questo genere televisivo; paternità di solitoattribuita a Maurizio Costanzo per Bontà loro che è del 1976.
Le valutazioni previste sonodiverse: alcune più basate sull’acquisizione dei diversi contenuti veicolatiattraverso l’intero progetto: sono previsti brevi compiti da svolgere a casa suargomenti specifici e dibattiti; altre valutazioni saranno basate maggiormentesu un processo di sviluppo e conoscenze acquisite durante tutto il percorso esu una rielaborazione personale di tutti gli argomenti trattati.
La valutazione prevede sempre unmomento di coscientizzazione degli studenti. I voti assegnati saranno spessodelle proposte che verranno discusse insieme. Quando possibile verrà chiesto adogni studente di autovalutarsi prima di comunicare il voto propostodall’insegnante. Questo per promuovere una maggiore percezione di sé ed unrapporto costruttivo con il docente. Deve divenire chiaro agli studenti che lavalutazione non è un giudizio critico sul loro modo di essere, né unapunizione, in caso di valutazione negativa, ma una valutazione, appunto,riferita a quel momento specifico e a quella attività specifica.
Il momento valutativo è non soloun’indicazione per lo studente, per comprendere il percorso svolto fino a quelmomento, ma è anche un’indicazione per il docente stesso per comprendere se illavoro svolto fiino a quel momento e le modalità, sono adatte o se si possonomigliorare.
Sempre, qualsiasi valutazione,prevede un confronto tra studenti e docente, e una motivazione.
Tutto il percorso progettuale,considerando il lavoro di entrambe le classi, terrà impegnate le classi percirca tre mesi perché gli argomenti contenutistici da affrontare, prima diarrivare alle riprese finali, sono tanti.
Naturalmente tutto questo mioprogetto si basa su ipotesi e non tiene conto delle diversità e unicità deglistudenti, dell’insegnante e dell’atto docente stesso, per cui, di volta involta, in caso di realizzazione di questo percorso, ci saranno elementi cheandranno adattati e rimodellati tenendo conto di tutte le specificità.
Dal film The TrumanShow al nostro Talk Show, è un progetto pensato per i ragazzi delle scuolemedie superiori ad indirizzo cinema.
In realtà, se non si hannograndi pretese dal punto di vista tecnico, è un progetto adattabile a qualsiasitipologia di scuola, perché, se per le scuole in cui sono presenti laboratoridi ripresa e montaggio, tutto è finalizzato alla messa in scena di un talkshow, come parte finale di un percorso cognitivo e metacognitivo molto piùampio, per quelle scuole in cui non è possibile realizzare un prodotto finaledi qualità, si privilegeranno quegli aspetti di approfondimento e di analisiche rimandano alla nostra società. A quel punto il laboratorio finale, che pureè previsto, resta un puro divertissement.
Pensando alla mia scuola, ilpercorso progettuale si rivolge in particolar modo agli studenti delle classiprime (o comunque a tutte quelle classi dove non sono previste attivitàlaboratoriali di ripresa e montaggio) e a quelli del triennio (per i qualil’attività di ripresa e montaggio, insieme alla teoria, costituisce una partemolto cospicua dell’attività didattica).
Le classi coinvolte per il progettosono due (una del biennio, una del triennio).
Sono previste delle attività dasvolgere contemporaneamente e parallelamente tra le due classi, come:
lavisione del film, l’analisi del film, la differenza tra cinema e televisionedal punto di vista del linguaggio eun accenno alla storia della televisione, con particolare approfondimento di quella parte del palinsesto che riguarda ildocumentario e i programmi tv come il talk show ed il reality show. Tutti gliargomenti trattati saranno sviluppati e approfonditi in maniera differente trale due classi, facendo riferimento agli obiettivi cognitivi previsti dalpof.
Altre attività previste dal progetto saranno specifiche per laclasse.
L’obiettivo finale dell’intero progetto, a livello contenutistico, è larealizzazione di un talk show.
Il talk show prevede un impegno differente perle due classi:
gli studenti del biennio saranno gli “attori” del talk show,dove, attraverso un role play, interpreteranno i personaggi del film eparleranno del film e della “loro” esperienza in prima persona;
gli studentidel triennio, previa una analisi ed uno studio tecnico di regia tv ed inparticolar modo del talk show, realizzeranno le riprese e poi il montaggiodella puntata pilota del programma.
Proprio il fatto di prevedere unrole play (anche da realizzare con riprese e montaggio) utilizzando ipersonaggi del film, mi permette di introdurre anche il concetto di realityshow e di talk show, di come si realizza un talk show dal punto di vista nonsolo teorico ma anche pratico. Dal punto di vista multidisciplinare, hoimmaginato di poter trovare punti di contatto con inglese, con arte, con letteratura, con psicologia. Tutto questo andrà affrontato, ovviamente, a diversi livelli di approfondimentie difficoltà perché le classi che io ho previsto di coinvolgere sono moltodiverse tra loro per età: una prima (età media 14 anni) ed una quarta superiore(età media 17 anni), appunto.
Dal film The Truman Show al nostro Talk Show:
· offre l’occasione per analizzare il linguaggiotelevisivo e per comprendere che non tutto ciò che ci viene mostrato è reale,ma viene sapientemente manipolato per portare lo spettatore, attraverso uninganno, a pensare determinate cose piuttosto che altre;
· permette di capire che attraverso il montaggiosi può distorcere il significato di ciò che una persona vuole esprimere.
Mi si potrà obiettare che avreipotuto scegliere qualsiasi altro film per discutere con gli studenti di questecose, ma non è così. Già a partire dallatrama e dalla scelta di narrare uno spaccato di vita, inserendolo in unmondiale reality show, mi permette di divagare e affrontare diversi argomentiprevisti dal piano di studio in modo che tutto sia collegato e probabilmente inmaniera più divertente e in più mi offre, su un piatto d’argento, la scusa perinserire un momento laboratoriale quale quello della ripresa del talk show coni personaggi del reality show arrivati dal The Truman Show…Un piccolo GrandeFratello fatto in casa. E siccome io non son capace di imporre un argomentosenza le dovute spiegazioni e senza prima averlo approfondito, con tutte le sueimplicazioni, affrontare questo film mi permetti di parlare di:
· QUALEEFFETTO IPNOTICO possono avere i media su utenti sempre più alla ricerca di unmodello di vita ideale da copiare;
· ILREALITY-SHOW: spiare la routine di un individuo in cui potersi identificare pertrarne così una sorta di "istruzioni per l'uso" per crearsi una vitanormale.
• l'usurpazione dei diritti umani (in questo caso la privacy) periscopi commerciali
· MANIPOLAZIONEDI INFORMAZIONI:
Truman viene continuamente bombardato da false informazioniper essere dissuaso da ogni eventuale iniziativa a discapito dello show e peressere tenuto all'oscuro di indizi che possono portarlo alla conclusione dicostituire la parte integrante di un gigantesco fenomeno televisivo.
· VISIONEUNILATERARE DEL MONDO:
Truman non può ribellarsi al suo modo di vivere perchénon ha mai conosciuto uno stile di vita diverso da quello di Seaheven.
· MANIPOLAZIONEPSICOLOGICA:
E' principale arma di Christof per la riuscita dello show con lostudio di innumerevoli pressioni psicologiche causa-effetto su Truman.
· LAPERSUASIONE COMMERCIALE:
Ogni individuo è influenzato all'acquisto di unprodotto grazie all'inconsapevole pressione da parte dei mass media.
The Truman Show è una lucida edamara visione del potere incontrollato della televisione, del notevole impattoche da lì a breve avrebbero avuto i reality show, della crescente invadenza delmezzo televisivo nella sfera intima degli individui, poiché sempre più ormai afare spettacolo sono le vicende private di persone qualunque, del sempre piùlabile confine che ormai divide il mondo della finzione televisiva dalla realtà umana.
Di questo voglio discuteredurante le mie lezioni con gli studenti. Mi interessa che riescano ad avere benchiaro nella mente che c’è una netta distinzione tra reale e realistico, traverità e menzogna. Su questo argomento, ad esempio, si basa tutta l’unitàdidattica intitolata “Mimetismo e arte urbana”. Ma ciò che mi interessamaggiormente è che queste riflessioni scaturiscano da loro davanti all’evidenzadei fatti, non voglio essere io ad imbeccare il ragionamento. Questo è il miofilo logico…chissà, magari parlandone con loro verranno fuori cose a cui iostessa non ho pensato.
Il film non condanna solo il mezzo televisivo e i suoi manovratori, ma anche il pubblico, che per anni segue ipnotizzato in tv le vicende di Truman,fa il tifo per lui durante la sua fuga, ma in realtà solo perché vuole unospettacolo più appassionante, mentre per 30 anni, ormai assuefatto allospettacolo, non si è mai indignato per ciò che è stato fatto al giovane, a suainsaputa. E’ importantissimo diventare fruitori consapevoli, per questo ritengofondamentale parlare a lungo con i ragazzi di queste cose.
Tornando al film, è come se lanostra vita fosse in tutti i sensi, controllata e regolata da un programma. La morale è che nulla qualsiasi cosa ci appare veramente, per come è. Siamo già programmati a fare determinate cose, dalla nascita , sino alla morte. Sembra avolte che la vita di tutti noi sia realmente un Reality , dove i Signori delPotere, sono i Burattinai che muovono i fili…questo mi ricorda un po’ ancheMatrix, anche se lì poi le tematiche sono ben diverse e non è certo questa lasede per affrontarle perché non rientrano nel mio progetto didattico.
Il film presenta anche elementiantropologici in quanto l'essere umano nasce libero ed è sempre in costantericerca di libertà e della verità, anche superando le proprie paure.
Secondo alcuni critici, il mondodel reality show, così abilmente rappresentato in tutte le sue sfaccettature, èin realtà solo una metafora per rappresentare il mondo reale.
Tornando a noi,dalla seconda metà deglianni '80 i mass media si sono occupati di un nuovo fenomeno che avanzava semprepiù: il realismo del piccolo schermo. In quegli anni sono nati nuovi programmi,nuovi generi, un nuovo modo di fare televisione che non era di certo originalerispetto al passato ma re-inventava e legava assieme generi diversi giàpreesistenti ma sottolineando soprattutto il carattere realista, inteso comeuna capacità di portare all’attenzione generale storie “vere”, a cavallo tradimensione pubblica e privata, strappando dall'anonimato i telespettatori etrasformandoli in 'artisti'.
La televisione degli anni '90 si presenta così con una certasbandierata propensione al realismo inteso come un racconto senzafiltri della realtà attraverso la realtà stessa: nasce la TV-verità diRai Tre con Chi l'ha visto?, Telefono giallo, Ungiorno in pretura e molti altri.
I Reality showinvece hanno una verità diversa da trasmettere che già nella suastessa definizione, porta una contraddizione, l'ambiguità di essere allo stessotempo “realtà” e “puro divertimento”. Ma approfondirò meglionel paragrafo dell’unità didattica in cui affronterò proprio il reality show.
Voglio chiuderequesta introduzione al mio progetto con una frase dettami da un adolescente,perché la trovo sintomatica e mi dimostra sempre più che c’è bisogno dimaggiore consapevolezza e che recita più o meno così:
In fondo i Reality ci fanno sentire un po' meno anonimi e se accade a loro di realizzarsi nella vita potrebbe accadere anche annoi