Globalizzazione
Che cos'è la globalizzazione?Definiamo globalizzazione quel processo originato dalla progressiva intensificazione degli scambi economici e il consolidamento di relazioni di interdipendenza tra le economie dei diversi Paesi del mondo, che ha infine condotto alla creazione di un orizzonte culturale, politico ed economico che abbraccia l'intero globo. Per intendere il fenomeno della globalizzazione dobbiamo avere ben chiari alcuni punti cardine:l'attuale scenario socio-politico ed economico globale è il risultato di un processo innescato originariamente da relazioni economiche e commerciali. Il "motore" della globalizzazione è economicoLa promozione dell'interdipendenza tra le economie mondiali rientra in un'ottica sviluppatasi alla fine del secondo conflitto mondiale, con l'affermazione dell'idea per cui fosse possibile scongiurare una nuova catastrofe mondiale favorendo le relazioni (principalmente economiche, ma anche politiche e culturali) tra i vari attori dello scenario politico mondiale. Se le economie sono interdipendenti, è molto più difficile che possa generarsi un conflitto mondiale - ciò andrebbe a compromettere l'interesse generaleI processi appena menzionati sono resi possibili dagli sviluppi nelle tecnologie della comunicazione e dalla conseguente circolazione delle informazioni, requisito fondamentale affinché si possa generare un'economia globale. Insieme alla circolazione di informazione si intensifica anche quella di merci e di persone, con lo sviluppo di una rete di trasporti globale che riduce sensibilmente le distanze spazio-temporali a cui si era avvezzi nel passato. Insieme alle informazioni, alle persone ed alle merci, la globalizzazione consente la circolazione del capitale e il suo progressivo svincolamento dalle condizioni delle economie locali
aAmbiti
del fenomeno
Politica
Global space
Lo spazio globaleLa globalizzazione ha avuto un impatto impressionante sulla percezione dello spazio e del tempo nel corso degli ultimi decenni. Il crescente livello di interconnessione mondiale ha generato una compressione dello spazio e del tempo, variabili la cui consistenza sta progressivamente svanendo, grazie anche al contemporaneo sviluppo incrementale delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, che hanno di fatto azzerato il tempo di latenza nelle comunicazioni, trasformando in modo irreversibile la nostra percezione del mondo. Lo sviluppo delle reti di trasporto internazionale ha potenziato la capacità di mobilitazione di merci e persone in un modo semplicemente inimmaginabile anche solo 60 anni fa. Tra le altre conseguenze, tale sviluppo ha prodotto un inevitabile perdita di rilevanza dei confini nazionali, sebbene tale processo non sia affatto lineare: infatti, a ciò fa da contraltare un rigurgito nazionalista e protezionista che si afferma in reazione alla progressiva perdita di significatività degli organismi politici tradizionali del XX secolo - vale a dire gli Stati nazionali.
International organizations
Verso una governance globale?Già all'indomani del primo conflitto mondiale, alcuni Stati percepirono la necessità di promuovere una qualche forma di cooperazione mondiale, allo scopo fondamentale di prevenire un'altra catastrofe bellica e di favorire la risoluzione negoziale delle controversie internazionali.Fu così che nel 1920 fu creato il primo organismo politico internazionale di portata mondiale, la League of Nations, istituita nel 1920 con sede a Ginevra. Tra i 42 membri fondatori si annoverano Paesi dei cinque continenti, a riprova del fatto che l'organizzazione intese sin dal primo momento affrontare la questione dell'ordine mondiale con una prospettiva autenticamente globale. Tuttavia, è notevole segnalare come gli Stati Uniti si rifiutarono di aderire a tale organizzazione, così come è importante rammentare come essa non fu in grado né di prevenire il secondo conflitto mondiale, né di impedire che alcuni degli stessi Stati membri si rendessero protagonisti di atti di aggressione ai danni di altri stati (come il Giappone, che invase la Manciuria cinese, o l'Italia che proseguì il progetto coloniale in Eritrea).La League of Nations si sciolse ufficialmente nel 1946. Alcuni dei suoi istituti e organismi furono però assorbiti nella nascente United Nations, l'organizzazione internazionale che ad oggi rappresenta il tentativo più ambizioso di generare un sistema di governo mondiale.L'UN (o ONU, in italiano) articola la sua azione attraverso sotto-organizzazioni dedite alla regolamentazione di settori specifici. E' il caso della FAO (Food and Agriculture Organization), dell'UNICEF (United Nation Children's Fund) o della WHO (World Health Organization). Altre organizzazioni internazionali sono invece caratterizzate da una finalità politico-strategica (come la NATO o la SCO), mentre esistono diverse organizzazioni internazionali il cui scopo è quello di regolamentare il commercio e la circolazione dei capitali a livello globale, nonché di garantire la stabilità economica internazionale e promuovere il risanamento delle economie svantaggiate. Queste ultime istituzioni sono state sovente al centro di forti contestazioni, perché accusate di promuovere un modello di sviluppo west-biased, fortemente caratterizzato da un'ideologia politico-economica che si ritiene tipica delle economie sviluppate dei paesi core, per utilizzare la terminologia di Immanuel Wallerstein.
aEconomia
The new world order
It all started in Bretton WoodsNel 1944, mentre la Seconda Guerra mondiale infuriava ancora, 730 delegati da 44 Paesi nel mondo si riunirono a Bretton Woods, una località del New Hampshire (USA), per definire le basi di un sistema monetario internazionale che garantisse un sistema di cambi fissi ancorato al dollaro statunitense, il cui valore veniva a sua volta ancorato all'oro (sistema del gold standard) il cui prezzo veniva fissato a 35$ l'oncia.Si tratta del primo esempio nella storia di un sistema finanziario internazionale interamente negoziato tra Stati sovrani allo scopo di favorire il commercio internazionale.Gli accordi di Bretton Woods rappresentano l'atto di nascita dell'IMF (International Monetary Fund) e della World Bank, entrambi enti di regolamentazione finanziaria ed economica che sopravviveranno al collasso degli accordi di Bretton Woods, avvenuto all'inizio degli anni '70 con il passaggio ad un sistema di cambi variabili a maggiore volatilità.
Unleash the capital
Corporations VS NationsNell'era della globalizzazione non ci sono limiti alla circolazione del capitale: l'economia mondiale si nutre di un costante flusso di capitali, che sono attratti verso gli investimenti più fruttuosi e che si muovono attraverso transazioni immateriali ed istantanee.Gli strumenti politici e normativi adottati per favorire la libera circolazione del capitale sono essenzialmente di due tipologie: accordi transnazionali di cooperazione come il GATS - General Agreement on Trade in Services - e gli altri accordi realizzati dalla WTO; creazione di aree di libera circolazione dei capitali e delle merci come il Mercato Unico Europeo, il NAFTA - North American Free Trade Agreement - o l'ASEAN - Association of South-East Asian NationsTale sistema ha favorito la nascita di colossi economici transnazionali (le cosiddette multinazionali o international corporations) e di istituzioni finanziarie internazionali la cui potenza economica e capacità di influenza può sopravanzare persino quella degli Stati. La movimentazione dei capitali può generare vantaggi per le aree che riescono ad attrarre gli investimenti, ma allo stesso tempo può erodere la sovranità degli Stati e condizionare pesantemente le politiche interne. Oltre a ciò, in assenza di accordi internazionali di regolamentazione, la libera circolazione dei capitali si accompagna sovente a pratiche volte ad aggirare la tassazione,
Cultura
The global village
Il mondo è un villaggioNel 1962 il teorico dei media Marshall McLuhan coniò un'espressione destinata ad un grande successo: descrivendo gli effetti delle tecnologie della comunicazione sulla percezione del mondo, affermò che esse stavano trasformando la geografia del pianeta, ridisegnando i confini di un villaggio globale, una comunità internazionale tenuta insieme dalla facilità e dalla frequenza degli scambi comunicativi, resi possibili appunto dallo sviluppo esponenziale delle tecnologie.McLuhan teorizzava altresì che tale cambiamento di orizzonte avrebbe prodotto profondi effetti sulle culture locali, che avrebbero ricevuto una forte spinta verso l'apertura e la condivisione, generando un incrocio di culture e modificando l'atteggiamento degli individui nelle relazioni interpersonali, che sarebbero diventate sempre più aperte e disponibili ad accettare il confronto e la diversità.La prospettiva di McLuhan rimane quella di un testimone entusiasta di una rivoluzione in atto, un cambiamento le cui potenzialità appaiono illimitate; il teorico tuttavia non intravede i rischi insiti in questo processo, specialmente quando egli immagina che gli scambi culturali siano da intendersi quali paritetici, trascurando dunque il fatto che alcune culture, grazie alla maggiore disponibilità di mezzi, siano in grado di imporsi su altre, mirando a realizzare una condizione egemonica e causando la progressiva perdita di specificità delle culture che non dispongono degli stessi strumenti per affermare sé stesse e i propri valori fondamentali.E' questo il nucleo delle teorie dell'imperialismo culturale (Tomlinson, 1991 e Said, 1978), il cui approccio tuttavia rischia di apparire come l'estremo opposto dell'approccio ottimista di McLuhan. Altri teorici hanno scelto la strada dell'ibridazione, sostenendo che i processi globali di confronto e contaminazione tra le culture, lungi dall'aver esito nell'affermazione di un'unica cultura egemone di matrice riconoscibile, siano invece destinate a generare una serie di culture ibride capaci di integrare in sé elementi provenienti da diversi ceppi culturali ed ideologici tradizionali, in una logica sincretica che ricorda quella dell'ellenismo antico.
I media nel mondo globale:
cenni di sociologia della comunicazione
I new media: l'ambiente mediale contemporaneo
Nuovi media: la digitalizzazioneUno dei tratti distintivi del complesso fenomeno della globalizzazione va sicuramente rintracciato nell'impulso che la diffusione dei new media ha fornito alla circolazione delle idee, così come alla diffusione di codici comunicativi, stili di vita e abitudini di consumo che tendono progressivamente a uniformarsi a livello globale, realizzando - in un certo senso - la predizione di McLuhan del villaggio globale.La rivoluzione digitale ha dispiegato i suoi effetti in un tempo relativamente recente: possiamo individuare tre momenti storici abbastanza precisi, tutti racchiusi negli ultimi quattro decenni, tre momenti che hanno contribuito a plasmare la realtà in cui noi viviamo oggi.La nascita del World Wide WebSebbene le reti di computer fossero correntemente utilizzate sin dalla fine degli anni Sessanta del Novecento, la nascita del World Wide Web (di ciò che noi, in modo semplicistico, definiamo Internet) è convenzionalmente indicata nel 6 Agosto 1991, data in cui Tim Berners-Lee, un informatico britannico, assieme al collega belga Robert Cailliau, pubblicarono il primo sito web. Si trattava di una cosiddetta pagina statica, un ipertesto che mostrava per la prima volta al mondo la possibilità di generare un immenso database di condivisione, basato su una rete di computer mondiale capace di interagire grazie all'adozione di un linguaggio comune (HTML) e di un protocollo di scambio (HTTP). Il WWW ha mostrato di possedere le potenzialità per ristrutturare radicalmente il modo in cui concepiamo e gestiamo le comunicazioni.La rivoluzione in tasca: gli smartphoneCiò che oggi riteniamo normale, addirittura banale - possedere uno o più strumenti digitali capaci di realizzare le funzioni di un normale personal computer e in grado di connettersi ad internet in qualunque momento - è stato, a tutti gli effetti, frutto di un altro evento memorabile: la comparsa sul mercato degli smartphone, iniziata in sordina alla fine degli anni '90 dello scorso secolo ed esplosa alla fine del primo decennio dei XXI secolo, con l'arrivo sul mercato del primo iPhone nel 2007. Il web 2.0 e i social networkSempre per rimanere nell'ambito di ciò che consideriamo essere la banale normalità quotidiana, possiamo riflettere sul fatto che pressoché ciascuno di noi che viviamo nel terzo decennio del XXI secolo possediamo un'identità digitale, che si sovrappone e completa la nostra identità fisica. Possediamo di norma più profili all'interno di reti virtuali - i social network - che aggiorniamo con le nostre informazioni personali, sui quali intratteniamo relazioni che si intrecciano con quelle che impegnano la nostra vita offline, e costituiscono per noi una dimensione complementare, parte integrante della nostra identità contemporanea. I primi social network si sviluppano negli USA a cavallo tra il XX ed il XXI secolo: SixDegrees nasce alla fine del XX secolo, LinkedIn, MySpace e Facebook nascono agli albori del XXI. Nel 2005 viene creato YouTube, nel 2006 nasce Twitter; nel 2009 viene lanciato WhatsApp, e l'anno successivo nasce Instagram. L'ultimo arrivato è TikTok, derivato dal social cinese Douyin, nato nel 2016 e rinominato con l'attuale denominazione nel 2018.
Digital divide
Le disuguaglianze nell'epoca digitaleL'avvento delle innovazioni digitali, come è noto, è stato accolto con forte entusiasmo: è infatti opinione comune che gli strumenti messi a disposizione dai dispositivi e dai servizi digitali siano uno strumento molto potente per combattere le disuguaglianze. L'idea di disporre di uno spazio virtuale ad accesso libero, i cui contenuti sono frutto dell'elaborazione di una community che contribuisce alla produzione ed alla distribuzione degli stessi, appare ancora adesso come una potenziale leva egualitaria, purché sia affrontato il tema dell'accessibilità delle risorse e delle competenze necessarie per una piena cittadinanza digitale.Il tema del digital divide riguarda proprio il modo in cui la rete può produrre e riprodurre le disuguaglianze sociali, discriminando gli utenti in base alla loro possibilità di disporre di adeguati strumenti - infrastrutture e devices - per partecipare al mondo digitale, così come in base alla loro competenza nell'uso degli strumenti in questione - che è sia una competenza tecnologica, sia linguistica, dal momento che le community online e le risorse digitali fanno largo uso della lingua inglese nella loro diffusione.Le disuguaglianze nel mondo digitale si concretizzano su differenti livelli di complessità:a livello globale tra quelle realtà che dispongono di una dorsale infrastrutturale sufficiente a garantire l'accesso alle risorse della rete per la popolazione e quelle che non ne dispongono; parimenti, le disuguaglianze economiche si manifestano anche sotto forma di accesso agli strumenti personali necessari ad accedere alla rete e avvantaggiarsi delle opportunità che questa offre: il possesso di strumenti tecnologici, che l'Occidente sviluppato assume come un dato incontrovertibile, è ancora un elemento discriminante in diverse parti del globo. Si tratta, a ben vedere, di una vecchia forma di disuguaglianza - quella economica - che dispiega i suoi effetti anche nel mondo digitale: in tal caso, i progressi associati alla diffusione delle tecnologie dell'informazione rappresentano un moltiplicatore di disuguaglianze, dal momento che le difficoltà di accesso da parte dei soggetti svantaggiati del mondo fanno sì che la distanza tra questi e coloro che invece hanno accesso alle tecnologie aumenti significativamente. Una parte del mondo accelera il proprio sviluppo, mentre chi rimane indietro è sempre più indietro.a livello delle singole società, tuttavia, va segnalato che l'avvento delle nuove tecnologie genera nuove forme di disuguaglianza tra coloro che possiedono le competenze necessarie all'uso degli strumenti digitali e quelli che, in ragione della loro età - come gli anziani - o in ragione del basso livello di istruzione - coloro che non padroneggiano le lingue straniere, o che non sono in grado di utilizzare in modo sufficiente gli strumenti digitali. Il cosiddetto knowledge gap si verifica anche in tutti quei soggetti che, in ragione della loro relativa marginalità - si pensi ai disoccupati, ai pensionati, a tutti i soggetti che risultano impiegati in settori produttivi a basso contenuto tecnologico - non riescono a sviluppare le competenze necessarie a gestire il sempre più intenso flusso di informazioni al quale siamo sottoposti giornalmente. Ancora una volta, l'aumento delle possibilità connesso allo sviluppo delle tecnologie appare privilegiare coloro che si trovano già in una condizione di vantaggio, rendendo più drammatico il divario con i soggetti svantaggiati.
Big data: la realtà digitale e
la sicurezza personale
"Se è gratis, sei tu il prodotto"Vi siete mai chiesti come fanno le grandi corporation operanti nel campo delle tecnologie dell'informazione a fornirci gratis (o quasi) i loro servizi?Una buona risposta la potete trovare seguendo questo link.Il sistema dei cd. big data rappresenta senza dubbio una delle frontiere più interessanti della rivoluzione digitale. Attraverso l'utilizzo di sofisticati algoritmi di calcolo, e grazie alla nostra irriflessa abitudine a fornire informazioni sulle nostre preferenze, i nostri gusti, le nostre abitudini, i nostri acquisti e le nostre attività quotidiane, si apre per le aziende che operano nella rete - vale a dire pressoché per tutte le aziende attualmente attive, o comunque per una grande parte di esse - la possibilità di procedere alla profilazione degli utenti, orientando così le azioni di marketing ed aumentando la loro efficacia specifica. Ma non si tratta soltanto di una pratica la cui valenza è esprimibile in termini economici: la profilazione, resa possibile dalla grande mole di informazioni personali che quotidianamente cediamo ai gestori delle nostre app, dei nostri profili social e della nostra piattaforma streaming preferita, contribuisce a generare attorno a ciascuno di noi una bolla informativa, uno spazio i cui contenuti sono definiti da un algoritmo che seleziona e filtra le informazioni che devono raggiungerci, scartando ampie regioni di contenuti che, semplicemente, non giungono alla nostra attenzione. Si tratta di una versione estremizzata (ed automatizzata) del fenomeno dell'agenda setting, già esplorato durante questo excursus.Un altro importante problema che nasce in un sistema caratterizzato da un'ipertrofia informativa riguarda il diritto alla riservatezza, che abbiamo imparato a chiamare privacy, adottando un termine anglosassone. La questione è di fondamentale importanza, tanto da aver recentemente spinto il Parlamento Europeo ad adottare un provvedimento normativo molto articolato e complesso, che detta le regole a cui ogni società operante nello spazio europeo deve attenersi nel trattamento dei dati personali degli utenti. Il codice in questione - noto come GDPR, General Data Protection Regulation, Regolamento 679/2016 - nasce per limitare i potenziali effetti di violazione della sfera personale impliciti in quello che Shoshana Zuboff ha definito il capitalismo della sorveglianza, ossia l'economia basata sul possesso, sullo sfruttamento e sulla vendita non più della forza lavoro delle persone - come nel capitalismo "classico" - ma delle informazioni personali, che rappresentano un asset significativo nel mercato digitale contemporaneo.
Teorie
di riferimento
World-system theory
Immanuel Wallerstein, The Modern World System, 1974Si tratta di una teoria di derivazione marxista-analitica, che basa la sua analisi del mondo globalizzato e sul concetto di "sistema-mondo": le unità base della realtà sociale sono dei sistemi-mondo, unità autosufficienti in grado di realizzare un approvigionamento dei beni necessari alla propria sopravvivenza. Nel corso della storia tali sistemi si sono agglomerati in unità socio-politiche più grandi, classificate secondo una rigorosa gerarchia:core systems: Paesi caratterizzati da una produzione industriale ad alto contenuto tecnologico, economie caratterizzate da alte retribuzioni e popolazioni con livelli di educazione medio-alti. Tali paesi detengono il monopolio della competenza tecnica e finanziaria e sono al centro dei processi di decision-making a livello globale. Essi inoltre tendono a sfruttare lavoro e risorse dei paesi meno sviluppati (della periferia e della semi-periferia) per mantenere il proprio dominio economico. Dispongono di strutture politico-amministrative solide.semi-periphery systems: pur avendo sviluppato un fino ad un certo grado i processi industriali, le economie dei sistemi semi-periferici sono ancora legate alle attività estrattive. Sono dei "sistemi-interfaccia", nel senso che favoriscono il flusso di risorse e capitali dai paesi core a quelli periferici, garantendo nel contempo la stabilità globale e contenendo le frizioni tra gli anelli più distanti della gerarchia mondiale. Dispongono di strutture politico-amministrative solide, sebbene spesso manifestino tendenze autocratiche.periphery systems: Paesi con un basso grado di sviluppo industriale, economie essenzialmente basate sul segmento primario e caratterizzate da alta intensità di lavoro e basse retribuzioni. Sono spesso sfruttati dai Paesi dei primi due livelli della gerarchia, e ciò li conduce in un circolo vizioso di sottosviluppo e povertà. Sono caratterizzati da regimi politici instabili e tendenti alla personalizzazione del potere.external systems: l'ultimo gradino della gerarchia, occupato da Paesi che si trovano essenzialmente al di fuori del sistema di relazioni mondiale, a causa della propria arretratezza e povertà.
Immanuel Wallerstein
Modernization
Walt Whitman Rostow, The Stages of Economic Growth: A Non-Communist Manifesto, 1960Francis Fukuyama, The end of history and the last man, 1992La teoria sociologica della modernizzazione emerge tra gli anni '50 e '60 negli USA, suggerendo che le società seguiranno inevitabilmente una traiettoria di progresso che li condurrà ad adottare pratiche e metodi orientati allo sviluppo tecnologico, politico ed economico. I teorici della modernizzazione asseriscono che il progresso generi immancabilmente cambiamenti positivi sia in campo economico, sia in campo sociale, tra cui si annoverano la diminuzione della povertà, l'aumento del grado di istruzione, il miglioramento dei livelli di salute.Nella versione di Fukuyama, tale teoria giunge alla conclusione che il modello politico della democrazia liberale costituisca l'ultimo step del progresso dell'umanità, oltre al quale non sono prevedibili ulteriori cambiamenti: in questo senso, la liberaldemocrazia è la fine della storia. La diffusione del modello liberal-democratico è destinata a condurre il mondo in un'era in cui non si verificheranno conflitti di maggiore entità e ci sarà un accordo ideologico di massima condiviso da ogni Paese del mondo. La teoria si spinge ad affermare che i Paesi sottosviluppati dovrebbero semplicemente imitare le strutture sociali ed economiche dei Paesi progrediti, allo scopo di raggiungere un progresso sociale ed economico. Le critiche più frequenti nei confronti di tale approccio si basano sull'evidente constatazione del marcato etnocentrismo che caratterizza la teoria, nonché la sistematica scarsa attenzone nei confronti dei diversi background culturali, storici e politici dei singoli Paesi.
Walt Whitman Rostow & Francis Fukuyama
Post-colonialist approach
and dependence theory
Cardoso & Falletto, Dependency and Development in Latin America, 1969Edward Said, Orientalism, 1978L'approccio post-coloniale nasce dalle riflessioni scaturite dai movimenti di decolonizzazione e sugli effetti di tali processi politici sulle culture locali e sugli assetti socio-politici globali scaturiti dal movimento storico.Le teorie della dipendenza sono emerse negli anni '60 e '70 come una risposta alle teorie dello sviluppo che assumevano che la modernizzazione economica avrebbe portato al progresso e al benessere. Al contrario, le teorie della dipendenza sostengono che i paesi in via di sviluppo sono intrappolati in un rapporto di dipendenza dai paesi industrializzati e che il loro sviluppo economico è ostacolato da questo rapporto.L'approccio post-coloniale si sviluppa a partire dagli anni '80 e si concentra sul tema della continuazione delle relazioni di potere e dominio dopo la fine dell'imperialismo formale. Le teorie nate all'interno di tale approccio analizzano il modo in cui le culture e le società dei paesi colonizzati sono state modificate e influenzate dall'influenza coloniale e postcoloniale.
Arjun Appadurai
Arjun Appadurai è un antropologo culturale indiano-americano che ha fornito importanti contributi allo studio della globalizzazione. In sintesi, i concetti e i temi più significativi trattati possono essere così riassunti:Concetto di "scapes" Appadurai ha introdotto il concetto di "scapes", che si riferisce alle diverse forme di flussi transnazionali che caratterizzano la globalizzazione. Questi scapes includono, ad esempio, il mediascape (flusso di informazioni attraverso i media), il financescape (flusso di capitali attraverso i mercati finanziari), il technoscape (flusso di tecnologie e innovazioni) e altri ancora. Secondo Appadurai, queste forme di scapes sono interconnesse e si influenzano reciprocamente.L'importanza dei consumi culturali Appadurai ha sottolineato l'importanza dei consumi culturali nella costruzione delle identità individuali e collettive. In particolare, ha evidenziato come le pratiche di consumo di beni culturali siano spesso transnazionali e come queste influenzino le culture locali. In questo senso Appadurai si situa in linea di continuità con le teorie della dipendenza, sebbene le analisi successive lo conducano a superare la visione imperialista tipica dell'approccio post-coloniale per orientarsi su una prospettiva maggiormente attenta alla persistenza delle culture locali ed alla nascita di sistemi culturali ibridi, nati dalla commistione di influssi differenti.Critica al concetto di "omogeneizzazione culturale"Come già anticipato sopra, Appadurai ha criticato la concezione secondo cui la globalizzazione porta all'omogeneizzazione culturale. Al contrario, egli sostiene che la globalizzazione comporta una maggiore eterogeneità culturale e che le culture locali sono in grado di resistere e adattarsi ai cambiamenti globali.Analisi delle dinamiche di potereSempre nell'alveo delle teorie post-coloniali Appadurai ha analizzato le dinamiche di potere che caratterizzano la globalizzazione, evidenziando come le strutture globali siano spesso disuguali e come le forme di resistenza e di partecipazione attiva dei soggetti subalterni siano fondamentali per un cambiamento sociale e politico efficace. Pur riconoscendo una distribuzione fortemente diseguale del potere, Appadurai insiste sulla necessità di governare il sistema interconnesso mondiale favorendo la partecipazione dei soggetti economicamente e politicamente subalterni ai processi decisionali globali, con una marcata attenzione nei confronti delle comunità locali e del diritto all'autodeterminazione. Questo lo conduce ad avanzare critiche piuttosto severe nei confronti delle organizzazioni internazionali, accusate di operare in modo opaco e non democratico, e di perseguire politiche non abbastanza rispettose delle differenze culturali e delle esigenze dei paesi in via di sviluppo.
aGlobal cities
Il concetto di global cities è stato coniato da Saskia Sassen, una sociologa olandese-americana, per descrivere le città che svolgono un ruolo cruciale nel sistema economico globale. Secondo Sassen, le global cities sono centri di attività finanziarie, commerciali e culturali, in cui si concentrano le principali istituzioni finanziarie e le sedi delle maggiori aziende multinazionali.Le global cities, quindi, sono città che sono particolarmente attive nell'economia globale e che sono caratterizzate da un alto grado di connettività e interconnessione con altre città in tutto il mondo, mentre paradossalmente appaiono poco connesse al loro territorio di appartenenza, giungendo a costituire realtà virtualmente autonome rispetto agli Stati che le contengono. Le principali global cities includono New York, Londra, Tokyo, Hong Kong, Singapore, Dubai, Shanghai e molte altre.Secondo Sassen, le global cities sono caratterizzate anche da una serie di contraddizioni e disuguaglianze, in quanto sono spesso divise in aree ricche e povere e affrontano sfide come l'accesso all'abitazione, la disoccupazione e la sicurezza pubblica. Inoltre, Sassen sostiene che le global cities spesso dipendono da una forza lavoro altamente qualificata e specializzata che viene reclutata a livello internazionale, mentre molte attività economiche meno qualificate vengono esternalizzate a livello globale.
Saskia Sassen
"The Global City: New York, London, Tokyo" (1991)"A Sociology of Globalization" (2007)Saskia Sassen è una sociologa olandese-americana che ha fatto importanti contributi allo studio sociologico della globalizzazione. Di seguito sono elencati alcuni dei suoi contributi principali:Teoria delle "global cities" Sassen ha sviluppato il concetto di "global cities", che si riferisce alle città che svolgono un ruolo cruciale nell'economia globale. Secondo Sassen, queste città sono caratterizzate da un alto grado di connettività e interconnessione con altre città in tutto il mondo, e sono i centri di attività finanziarie, commerciali e culturali.Teoria della "disaggregazione statale"Sassen ha introdotto il concetto di "disaggregazione statale", che si riferisce alla scomparsa delle funzioni statali tradizionali a favore delle organizzazioni globali e delle imprese multinazionali. Secondo Sassen, la globalizzazione ha portato ad un aumento della disuguaglianza, in cui alcuni gruppi hanno il potere di definire le regole del gioco, mentre altri sono esclusi.Teoria del "lavoro globale" Sassen ha studiato il fenomeno del "lavoro globale", che si riferisce alle attività economiche che vengono spostate da paesi ad alto costo del lavoro a paesi a basso costo del lavoro. Secondo Sassen, questa tendenza ha portato alla creazione di una classe lavoratrice globale, che è sfruttata e priva di diritti.Critica della teoria economica neoliberalSassen ha criticato la teoria economica neoliberale, che promuove la deregolamentazione e la privatizzazione, e sostiene che queste politiche hanno portato a un aumento delle disuguaglianze e ad una diminuzione della protezione sociale.
Liquid modernity
Con il concetto di modernità liquida Bauman introduce una visione della società contemporanea caratterizzata da una dissoluzione dei principali legami che erano tipici delle società tradizionali.La modernità solida, da cui quella liquida si evolve, era caratterizzata dalla presenza di strutture sociali e istituzioni stabili e durature: le relazioni sociali, le istituzioni e le identità erano costruite su solide strutture sociali e istituzionali, che fornivano un senso di stabilità e continuità.Le istituzioni erano in grado di mantenere l'ordine sociale e di gestire i conflitti, mentre le identità personali erano ancorate a ruoli e posizioni sociali definiti, come la famiglia, la classe sociale, la professione o l'appartenenza religiosa.Inoltre, nella modernità solida, la scienza e la tecnologia erano viste come fonti di progresso e sviluppo, in grado di migliorare la vita delle persone e di risolvere i problemi sociali.Tuttavia, secondo Bauman, la modernità solida ha mostrato anche una serie di limiti e contraddizioni, tra cui l'esclusione sociale, la discriminazione, l'oppressione e la mancanza di libertà individuale. La modernità solida ha anche prodotto una serie di disuguaglianze sociali e geografiche, nonché gravi conflitti e guerre.Nella modernità liquida le relazioni sociali, le istituzioni e le identità sono caratterizzate dalla precarietà e dalla fluidità. Le relazioni sociali sono temporanee e superficiali, mentre le istituzioni sono deboli e poco impegnate. Le identità personali sono fluide e mutevoli, e non c'è spazio per la costruzione di identità solide e durature. La modernità liquida ha portato a un'accelerazione dei processi sociali e culturali, che si sono trasformati in un'esperienza fugace e effimera.Il concetto rappresenta in gran parte una critica della società contemporanea, ma nell'analisi della modernità liquida l'autore non manca di individuare alcuni elementi di possibile valore. Ad esempio, Bauman ha sostenuto che la modernità liquida può offrire maggiore libertà individuale e flessibilità nelle scelte di vita, come la mobilità geografica e la flessibilità lavorativa. Inoltre, la modernità liquida può consentire lo sviluppo di nuove forme di comunicazione e di interconnessione globale attraverso la tecnologia digitale.Tuttavia, Bauman ha anche sottolineato che questi elementi positivi della modernità liquida sono spesso accompagnati da effetti negativi, come l'isolamento sociale, l'insicurezza economica e la perdita di senso di appartenenza e di comunità. In generale, la visione di Bauman sulla modernità liquida è piuttosto critica e mette in luce gli effetti destabilizzanti e disumanizzanti della globalizzazione e della tecnologia sulla società contemporanea.
Zygmunt Bauman
"Globalization: The Human Consequences" (1998)"Liquid Modernity" (2000)Zygmunt Bauman, sociologo polacco-britannico, ha fatto importanti contributi allo studio sociologico della globalizzazione. Di seguito sono elencati alcuni dei suoi contributi principali:Teoria della modernità liquida: Bauman ha introdotto il concetto di "modernità liquida", che si riferisce alla società contemporanea caratterizzata dalla precarietà, dalla flessibilità e dalla mancanza di sicurezza a lungo termine. Secondo Bauman, la globalizzazione ha portato alla disgregazione delle istituzioni tradizionali e delle identità sociali, creando una società in cui le relazioni sono instabili e le persone sono costantemente in cerca di nuove opportunità.Critica del consumismo e dell'economia di mercato: Bauman ha criticato l'ideologia del consumismo e dell'economia di mercato, sostenendo che queste forze hanno portato a un aumento delle disuguaglianze e alla perdita di solidarietà sociale. Secondo Bauman, il consumismo e l'economia di mercato creano una società in cui il valore delle persone è determinato dal loro potere di acquisto.Teoria della globalizzazione come "cultura del riflusso": Bauman ha analizzato la globalizzazione come una "cultura del riflusso", che si riferisce alla tendenza delle persone a isolarsi dalle sfide della globalizzazione e a cercare protezione nei propri confini nazionali. Questa tendenza, secondo Bauman, ha portato all'aumento del nazionalismo e del populismo in tutto il mondo.Critica della società della sorveglianza: Bauman ha criticato la società della sorveglianza, sostenendo che la tecnologia e l'informazione digitale hanno portato ad un aumento del controllo sociale e della perdita di privacy.
Risikogesellschaft:
towards a new modernity
La Risikogesellschaft (anche chiamata società del rischio o società di accumulazione del rischio) è un concetto introdotto dal sociologo tedesco Ulrich Beck. Questo termine si riferisce ad una società in cui il rischio diventa il problema sociale centrale.Secondo Beck, i progressi tecnologici e scientifici della modernità hanno portato la società umana ad essere sempre più minacciata da rischi difficilmente prevedibili e spesso incontrollabili. Questi rischi possono manifestarsi a livello individuale e sociale e comprendono disastri ambientali, attacchi terroristici, epidemie, incidenti nucleari e crimini informatici.Beck ha sottolineato che i rischi della società moderna spesso riguardano non solo gruppi o regioni specifiche, ma l'intera popolazione mondiale. Questo ha implicazioni per il modo in cui la società affronta i rischi. Nella Risikogesellschaft, le istituzioni e le procedure tradizionali per la gestione del rischio non sono più sufficienti per trovare risposte adeguate a rischi complessi.Pertanto, Beck ha sottolineato la necessità di una nuova forma di politica che miri a minimizzare e controllare i rischi della società moderna, nonché l'importanza della partecipazione e della democrazia per promuovere il dialogo e l'engagement del pubblico nelle decisioni.
Ulrich Beck
"Risikogesellschaft. Auf dem Weg in eine andere Moderne" (1986) (La società del rischio. Verso una seconda modernità)"Die Erfindung des Politischen" (1993) (L'invenzione del politico).Il contributo di Ulrich Beck allo studio della globalizzazione non si limita al pur importante concetto di Risikogesellschaft già esposto. In particolare, lo studioso ha mostrato un interesse specifico per le modalità di associazione tipiche della nuova modernità e sugli impatti del processo di globalizzazione sulla generazione di nuove forme di società a livello mondiale, che scardinano i limiti spazio-temporali propri delle formazioni sociali classiche per andare a costituire delle società transnazionali accomunate da un senso di identità differente, non più legato ad un'appartenenza geografica o tradizionale, ma vincolato ad un senso di appartenenza alternativo. Il primo contributo in tal senso è indubbuiamente la teoria della "società mondiale" (Weltgesellschaft), che si riferisce alla crescente interconnessione delle società in tutto il mondo. Secondo Beck, la società mondiale è caratterizzata da un'economia globale, dalla comunicazione e dalle reti di informazione globali e dalla diffusione di problemi e rischi globali. Questo ha portato ad una "coscienza cosmopolita", in cui le persone sono consapevoli della loro appartenenza ad una comunità globale e dei loro diritti e responsabilità in essa.Meritano una menzione specifica le analisi delle "classi cosmopolite" o "élite cosmopolita", che si riferisce a un nuovo tipo di élite sociale che si identifica più con la propria posizione all'interno della società mondiale che con il proprio paese di origine. Queste classi cosmopolite, secondo Beck, sono caratterizzate dalla mobilità internazionale, dalla conoscenza delle lingue straniere e dalla partecipazione a reti globali di potere. Tuttavia, Beck ha anche sottolineato le tensioni tra le classi cosmopolite e le società nazionali in cui vivono, che possono portare a nuove forme di nazionalismo e populismo.
Oltre la globalizzazione:
prospettive contemporanee
Neo-tribalismo
Il neo-tribalismo è un concetto sociologico che si riferisce ad una tendenza culturale contemporanea caratterizzata dalla formazione di gruppi sociali che si identificano in base ad interessi comuni, stili di vita e valori condivisi, piuttosto che in base alla appartenenza ad una comunità territoriale o ad una classe sociale.In altre parole, il neo-tribalismo si riferisce alla formazione di gruppi sociali basati sulla scelta individuale piuttosto che sulla ereditarietà o sulla costrizione sociale. Questi gruppi possono essere formati in base ad interessi culturali, musicali, sportivi o politici, e spesso si caratterizzano per l'adozione di simboli distintivi, rituali e linguaggi propri.Secondo alcuni sociologi, il neo-tribalismo sarebbe una reazione alle tendenze di omologazione e di globalizzazione della cultura, che spingono gli individui a cercare forme di identità e di appartenenza alternativi a quelli tradizionali. Tuttavia, altri studiosi sostengono che il neo-tribalismo rappresenti una nuova forma di segregazione culturale e di frammentazione sociale, che mina la coesione sociale e la solidarietà tra gli individui.
I flussi migratori
e i nuovi nazionalismi
Negli ultimi anni, il crescente sentimento nazionalista in diverse parti del mondo può essere considerato una reazione alla globalizzazione. La globalizzazione, infatti, ha portato a una crescente interconnessione tra i paesi e ha accelerato il flusso di persone, beni, informazioni e capitali a livello globale, creando al contempo benefici economici ma anche disuguaglianze, instabilità e incertezze.In questo contesto, i movimenti nazionalisti hanno cercato di mettere in discussione l'integrazione globale, difendendo l'identità culturale e politica nazionale e la sovranità degli stati. Questi movimenti spesso promuovono politiche protezionistiche e restrittive sull'immigrazione, in opposizione ai flussi migratori transnazionali e alla perdita di controllo sui confini nazionali.Inoltre, l'insorgere di movimenti nazionalisti può essere visto come una risposta alla crescente incertezza economica e alla precarietà del lavoro che la globalizzazione ha portato in molti paesi, specialmente in quelli occidentali. In questo senso, il nazionalismo viene spesso presentato come una soluzione per proteggere gli interessi economici e lavorativi delle comunità nazionali, in contrapposizione alla competizione globale e alla deregolamentazione economica.Tuttavia, va sottolineato che il nazionalismo può portare anche a forme di esclusione e di discriminazione, specialmente nei confronti delle minoranze etniche, religiose o culturali. Inoltre, il nazionalismo può avere un impatto negativo sulla cooperazione internazionale e sulla risoluzione dei problemi globali, come il cambiamento climatico o la diffusione delle malattie infettive, che richiedono una risposta coordinata a livello globale.
La fine della globalizzazione e la
post-globalizzazione
Ci sono diverse teorie che parlano della fine della globalizzazione, o della sua fase attuale di rallentamento o inversione. Alcune di queste teorie sono:Decoupling Questa teoria sostiene che la Cina e gli Stati Uniti, le due maggiori economie del mondo, si stanno gradualmente disaccoppiando dal resto del mondo. Secondo questa teoria, la globalizzazione potrebbe sopravvivere ma con un numero di paesi che partecipano ad essa sempre più limitato. La teoria in questione nasce in ambito economico ed è sostenuta da autori come Michael Pettis, Nouriel Roubini e Derek Scissors.DeglobalizzazioneQuesta teoria suggerisce che la globalizzazione stia rallentando o persino invertendo, a causa di crescenti pressioni politiche e sociali in molti paesi occidentali per ridurre la dipendenza dalle importazioni e limitare l'immigrazione. Ciò potrebbe portare a un aumento del protezionismo, dell'autarchia e del nazionalismo economico. I teorici della de-globalizzazione, tuttavia, tendono a sostenere che i processi di rallentamento e di temporanea inversione della globalizzazione siano in realtà eventi ciclici, caratteristici di un mondo interconnesso che può sperimentare a tratti alcune reazioni, le quali non sono tuttavia sufficienti a minacciare l'attuale assetto globale.RegionalizzazioneQuesta teoria sostiene che la globalizzazione stia dando spazio a un processo di regionalizzazione, in cui le economie si integrano maggiormente all'interno di regioni geografiche, come l'Unione Europea, l'ASEAN, la Comunità degli Stati dell'Africa centrale, e così via. Si tratta a ben vedere di una variante della teoria della de-globalizzazione, con un focus specifico sul ruolo giocato in tale contesto dalle organizzazioni internazionali.Post-globalizzazioneQuesta teoria suggerisce che la globalizzazione stia raggiungendo il suo culmine e che si stia ora sviluppando un nuovo modello economico e politico. Secondo questa teoria, la globalizzazione potrebbe essere sostituita da un nuovo sistema di relazioni internazionali caratterizzato da una maggiore attenzione ai problemi locali, alla sostenibilità e alla cooperazione internazionale.Va sottolineato che queste teorie non sono necessariamente esclusive tra loro e possono coesistere o influenzarsi reciprocamente. Inoltre, non esiste ancora un consenso accademico sul fatto che la globalizzazione stia effettivamente finendo o meno.
Argomento principale
La contestazione
Aspetti socio-culturali
Another world is possibleLa galassia dei cosiddetti "movimenti no-global" - organizzazioni informali, caratterizzate da forte eterogeneità ed unite dalla condivisione di un'agenda di massima - è emersa con prepotenza a partire dalla fine degli anni '90. In particolare, furono gli scontri che accompagnarono il meeting WTO di Seattle del 1999 a sancire l'ingresso nel discorso pollitico globale di questo movimento di opinione. Successivamente, la storia del movimento no-global si intreccia con quella delle istituzioni-simbolo della globalizzazione. I meeting G8 sono occasione per contro-manifestazioni in cui si contestano i principi alla base di tali istituzioni: in Italia va ricordato indubbiamente il meeting di Genova del luglio 2001, con ciò che ne seguì in termini di scontri, militarizzazione del territorio e reati a carico delle forze dell'ordine, accertati in sede definitiva per quel che riguarda i fatti verificatisi presso la scuola Diaz.Il movimento si è strutturato in un forum permanente che si è riunito per la prima volta nel gennaio del 2001 a Porto Alegre (Brasile), denominato World Social Forum (WSF). I meeting sono convocati in aree del mondo che assumono valore simbolico per la loro marginalità, a sottolineare come il processo di globalizzazione corrisponde in realtà ad una progressiva occidentalizzazione e capitalizzazione del mondo, alla quale è possibile opporre un'alternativa che nasca dalle periferie del globo - come le definirebbe Wallerstein - e si strutturi in opposizione al modello estrattivo e basato sullo sfruttamento intensivo delle risorse tipico dell'impresa multinazionale capitalistica.
Aspetti politici ed economici
What does "global" mean?Come specificato, l'idea fondativa della galassia no-global va rintracciata nella convinzione per cui la globalizzazione non è altro che la predazione occidentale nei confronti delle aree periferiche del mondo, operata tramite gli strumenti del dominio politico, economico e culturale e grazie ai mezzi tecnologici di cui dispone il Primo Mondo.La struttura economica che meglio rappresenta tale tensione verso il controllo globale delle risorse è la multinazionale (in inglese corporation), intesa come una grande società che ha filiali in diversi luoghi del globo, e che è in grado di gestire un intenso traffico di beni su scala mondiale. L'impresa multinazionale rappresenta un soggetto che si sottrae alle tradizionali strutture politiche ed amministrative di controllo: la sua ubiquità la rende una realtà difficilmente riconducibile ad un territorio specifico, con tutto ciò che ne consegue in termini di assenza di vincoli e di potere di influenzare le politiche degli Stati in cui si esercita l'attività di impresa: tale potere è naturalmente sostenuto dalle ingenti risorse economiche di cui tali società dispongono.Da un punto di vista più generale, nella lettura no-global del fenomeno della globalizzazione si riscontra un punto cardine condiviso da pressoché tutti i soggetti della galassia analizzata: la critica al capitalismo inteso come un sistema economico strutturalmente predatorio e incapace di sostenersi se non a scapito delle popolazioni più fragili e, in generale, dell'ambiente globale, che si deteriora rapidamente.Da un punto di vista politico i movimenti no-global sono fortemente critici nei confronti di ciò che ritengono essere il trend tipico della mondializzazione capitalistica: la concentrazione del potere nelle mani di alcune élites, che rischia di ridurre all'insignificanza le masse globali, private dei propri diritti e incagliate in relazioni di potere sbilanciate, dalle quali è impossibile trarre alcun vantaggio. Tuttavia, la reazione ai fenomeni di globalizzazione può assumere connotazioni politiche decisamente divergenti: se da un lato infatti è comune ritenere che la galassia no-global abbia un orientamento politico di sinistra, in ragione delle critiche al modello liberista e capitalista, è tuttavia necessario rammentare come esiste una reazione a destra alla globalizzazione, incarnata da tutti quei movimenti nazionalisiti che articolano la propria critica alla globalizzazione in senso reazionario La più significativa differenza che possiamo segnare tra i due approcci risiede nella risposta alternativa alla globalizzazione: se per i primi la globalizzazione va combattuta in nome di un modello di fratellanza e cooperazione universale, in cui il valore chiave è l'umanità intesa in senso largo, per i secondi la risposta alla globalizzazione è la difesa dello stato nazionale e dell'identità culturale propria dei diversi popoli del pianeta, in un'ottica autarchica e anti-cooperativa.